Joy Division

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  1. VikingFede666
     
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    La storia dei Joy Division inizia come quella di decine e decine di altri gruppi nati in Inghilterra a cavallo dell'esplosione del punk. Inizia con tre ragazzi che mettono su un gruppo quasi senza nemmeno saper suonare. Terminerà lontanissimo da queste premesse, nel giro di neanche quattro anni. Terminerà nella leggenda, dunque tragicamente. Ma andiamo con ordine.

    È il 9 dicembre del 1976 quando all'Electric Circus di Manchester tre ventenni - tutti originari della stessa città, conosciutisi sui banchi della Salford Grammar School - debuttano con la band da loro formata pochi mesi prima, gli Stiff Kittens. Sono Bernard Dicken (all'anagrafe Bernard Sumner, chitarra e voce), Peter Hook (basso e voce) e Terry Mason (batteria e voce).

    La molla che spinse i tre ragazzi a formare una band fu, ovviamente, un concerto dei Sex Pistols alla Lesser Free Trade Hall di Manchester - insieme ai Buzzcocks, leggenda della scena punk macuniana - il 20 luglio del 1976. Ad assistere allo stesso evento quella sera c'è anche un altro ventenne, che già da qualche tempo i tre hanno avuto modo di conoscere: Ian Kevin Curtis, nativo di Macclesfield, che fin da giovanissimo vive per due passioni: scrivere poesie e ascoltare musica rock (fan appassionato di Iggy Pop, David Bowie, Velvet Underground).
    UNKNOW PLEASURES, il primo album dei Joy Division, esce nel giugno del 1979. Le radici punk del gruppo sono dilatate in dieci canzoni che formano un unico, compatto, vortice di emozioni forti e incubi angosciosi. "Disorder", "Day Of The Lords" e "New Dawn Fades" sono composizioni che sembrano materializzarsi dal nulla, e le parole di Ian Curtis si insinuano come un liquido velenoso nelle geometrie perfette della loro musica. Parole che dipingono una tragedia esistenziale senza precedenti, eppure l'enfasi melodrammatica è qualcosa di assolutamente estraneo alla musica dei Joy Division e ai testi di Curtis. Gelida è la loro musica, gelida è la voce che canta parole che esprimono la più totale solitudine, parole annichilite dalla paura e dalla sfiducia verso tutto e tutti. Ma senza mai piangersi addosso: Curtis semplicemente accetta la propria totale sconfitta come qualcosa di perfettamente logico, normale, naturale e per questo le sue parole esprimono una forza interiore devastante. È questa che dona alle canzoni dei Joy Division la capacità di abbattere totalmente le difese emozionali di chi ascolta.

    La musica si limita a esprimere tutto questo con la stessa, gelida "distanza" emotiva. La portata epocale di questo album è espressa tutta in questo gioco di emozioni raggelate, quasi annullate, eppure realmente sconvolgenti. L'equilibrio raggiunto dalla formazione ha del miracoloso, e la produzione di Hannett ne esalta ogni singolo aspetto. Nessuno dei quattro prevarica mai l'altro, tutto è esattamente dove deve essere. L'album riceve finalmente critiche positive e le vendite sono più che soddisfacenti, considerando le limitatissime possibilità di una label piccola e praticamente neonata come la Factory. Ma soprattutto il disco conferisce al gruppo lo status di vera e propria cult-band. Da qui in avanti l'attività dei Joy Division si fa sempre più intensa e frenetica, e già i primi singoli che seguono l'Lp si pongono come autentici capolavori: prima (luglio '79) la memorabile "Transmission", danza incalzante e irresistibile, e poi (ottobre '79) l'apoteosi di "Atmosphere" e della sua b-side "Dead Souls": tanto celestiale e suggestiva la prima (semplicemente una delle canzoni più disarmanti e poetiche, più belle e tristi di sempre), quanto minacciosa e disturbante la seconda (entrambi i pezzi sono autentici show personali del chitarrista/tastierista Bernard Sumner), rifatta dai Nine Inch Nails nel 1994, in una cover rischiosissima e molto riuscita.

    Un tour insieme ai concittadini e amici di sempre, i Buzzcocks, riscuote grande successo, come pure le due date consecutive dell'ottobre 1979 all'Apollo Theatre di Manchester, poi immortalate nel video-documento "Here Are The Young Men". Di novembre è invece la seconda "Peel Session". Un successo crescente che permette al gruppo di uscire finalmente dalla Gran Bretagna: il 1980 si apre infatti con un tour nordeuropeo (tra cui il famoso concerto al "Paradiso" di Amsterdam). Attività live intensa e scandita da consensi di pubblico e critica, che mina però la salute di Ian Curtis, che oltretutto in quel periodo vede andare in crisi il suo rapporto con la moglie Deborah Woodruffe, una crisi che ispira a Curtis un altro brano immortale: "Love Will Tear Us Apart". Il difficile stato psicologico e fisico del cantante, la sua depressione crescente si riflette sui testi e sulle atmosfere del nuovo album, che nel marzo del 1980 la band si appresta a registrare ai Britannia Row Studios di Londra, sempre insieme a Martin Hannett.

    CLOSER è il titolo dell'album. Per la copertina la band sceglie una fotografa scattata da Peter Saville nel cimitero monumentale di Staglieno, in Liguria: i testi di Ian Curtis compongono un mosaico agghiacciante dei fantasmi che imprigionavano la sua mente. La musica si fa sempre più lugubre, dalla minacciosa apertura a ritmo tribale di "Atrocity Exhibition" fino alla conclusiva "Decades". Curtis osserva e riflette, mette a nudo i suoi pensieri con una schiettezza tanto più raggelante perché tutto, dalla sua voce alla musica, è ancora più distante, rallentato e lineare che nel precedente album. Sono canzoni "assolute", sono canzoni che compongono un viaggio senza ritorno, canzoni che dietro la loro calma apparente nascondono una sofferenza psicologica insopportabile. È la sofferenza di Ian Curtis, e il modo in cui riesce a mettere in parole una tale sofferenza è realmente commovente: Curtis non interpreta canzoni, Curtis si confessa con il cuore in mano, racconta ai suoi ascoltatori che cosa ha in mente di fare e i motivi che lo spingono a farlo. Curtis rende perfettamente comprensibile il suo tormento, rende "universale" la sua disperazione, ci lascia soli davanti alla sua enorme forza interiore, quella forza che riusciva a esprimere solo attraverso la sua arte. Ian Curtis mette in scena il suo epitaffio, con tanto di marcia funebre ("The Eternal") e parla con la serenità di chi ha già preso la sua decisione, anzi di chi ha già messo in atto la sua decisione. Osserva e riflette, osserva sé stesso e gli altri, osserva la sua incompatibilità con la vita, osserva la sua totale sconfitta. Osserva e riflette, e trae la conclusione che per lui è più logica e naturale. E i suoi compagni lo assecondano con una compostezza che fa male al cuore per quanto è perfetta. La perfezione di "Heart And Soul" e "The Eternal", di "A Means To An End", di "Passover" e di "24 hours". "Heart and soul, one will burn" e "This is the crisis I knew had to come, destroying the bilance I'd kept", dice Ian Curtis.

    E, a un passo dalla consacrazione (si preparava un tour americano, si trattava per un contratto con una major come la Warner), Ian getta la spugna: a inizio aprile tre concerti londinesi di fila sono troppo per le sue condizioni di salute, e nel terzo di questi concerti il cantante ha una crisi epilettica sul palco. Il 7 aprile, il giorno prima di un altro concerto è messo ko da una overdose, e nonostante tutto la sera dopo sale sul palco. Ma non si può andare avanti così e la band è costretta a prendersi una pausa per consentire a Ian di ristabilirsi: nel frattempo girano il video di "Love Will Tear Us Apart" e il 2 maggio suonano a Birmingham un live (poi pubblicato col titolo "Still"), contenente un brano inedito, "Ceremony".
    Ma Ian non ha la minima intenzione di ristabilirsi: il 20 maggio la band avrebbe iniziato il suo tour americano; il 18 maggio Ian Curtis si suicida impiccandosi nella sua casa di Macclesfield, a 24 anni non ancora compiuti.
    Senza scivolare nel compiacimento di una leggenda,termino cosigliando caldamente a tutti gli interessati di reperire questi due album alla velocità della luce.Poi potete informarvi a dovere su altre uscite ed il materiale a nome New Order.Ma prima questi.E' un ordine...(scherzo)

    DISCOGRAFIA:

    Unknown Pleasures (Qwest, 1979) ++++(STRACONSIGLIATO)


    Closer (Qwest, 1980)++++(STRACONSIGLIATO)


    Still (live, Qwest, 1981)


    Substance 1977-'80 (Qwest, 1988)

    Permanent (anthology, Qwest, 1995)
     
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  2. su_balente
     
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    Confermo gli straconsigliati, visto che La voce di Curtis è diventata fonte di ispirazione per decine di gruppi, soprattutto nel fenomeno recente del revival (interpol in primis).

    Non parliamo poi del bassista dei Jd, un altro grandissimo.

     
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  3. Neuros
     
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    Unknown Pleasures e Closer sono storia della musica.
     
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  4. velvet)))
     
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    Bè, fantastici. Mi piacciono di più i Cure, ma davanti a canzoni come "Love Will Tear Us Apart" la lacrimuccia è d'obbligo.
     
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  5. La_morte_mi_fa_bello
     
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    ...Bellissimi, inimitabili, il massimo se stai male.
    "closer" è il cd delle mie batoste sentimentali :)
    "New dawn fades" "Decades" "The eternal" fra le mie preferite in assoluto....
    Here are the young men
    MoOnInJuNe^^
     
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  6. ForgottenTear
     
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    Gruppo molto importante per questo genere e per la musica in generale
     
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  7. LordSupernova
     
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    Adorabili e deprimenti.
     
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  8. Deathlike Silence.
     
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    Beh grandissimi e blablabla. Avete già detto tutto praticamente.
    Apparte questo, qualcuno ha visto il film Control?
     
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  9. VanDamsel
     
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    ancora no purtroppo.
    Comunque io preferisco Unkown Pleasure a Closer
     
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  10. VikingFede666
     
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    QUOTE
    Comunque io preferisco Unkown Pleasure a Closer

    Assioma,tra l'altro sono stati ristampati da poco in deluxe edition con un disco bonus in aggiunta.Poca roba,ma per chi non possiede una buona occasione per possedere.
     
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  11. ale371
     
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    Asocltato Unknow Pleasures... uhm come definirlo... belloma angoscioso...
     
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  12. Hjkj
     
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    Peccato non essersi procurati l' edizione citata da Fede.

    Dopo circa un paio di settimana dalla ricezione di Closer (ricevuto dal fido Karma :D ) devo dire che all' inizio non mi aveva preso molto.

    Lo vedo come un lavoro molto oscuro, triste e malinconico, ma sempre con qualcosa di stupendo dietro ad ogni ombra.
     
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  13. Daedal
     
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    Angoscia e disperazione rese in maniera sublime. Unknown Pleasures è un capolavoro, "Day of the Lords" e "Interzone" sono stupende.
     
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  14. defilord
     
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    Direi i padri della dark-wave fine anni '70, nonché tra i più grandi di sempre, nel genere.
    Tra i due preferisco "Unknown Pleasures", più graffiante, "tagliente", una carica disperata ma sempre dirompente, invece il secondo è quasi un manifesto dell'oblio imminente, stupendo ma ormai ben lontano dalle tenui ma presenti tinte post-punk del primo
    (spero si sia capito qualcosa xD)
     
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  15. ForgottenTear
     
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    Possiedo le ristampe del 2007, i dischi aggiuntivi con dei live sono abbastanza evitabili, ma il remastering è ottimo e le confezioni da urlo. Riguardo la disco preferito, difficile, all'inizio a suo tempo mi colpì più Unknow, ma ora direi Closer è decisamente inarrivabile per molti motivi.
     
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18 replies since 27/6/2007, 14:07   323 views
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