The Cure

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  1. VikingFede666
     
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    Nati nel 1976 nella zona di Crawley, Sussex, originariamente noti come Easy Cure, Smith e soci si sono imposti fin dall'album d'esordio, Three imaginary boys, come gli alfieri del dark britannico, in compagnia di Joy Division, Bauhaus, Sisters of Mercy, Cocteau Twins, Siouxsie and The Banshees. Con questi ultimi hanno collaborato a lungo, tra trionfali tour e liti varie (Robert Smith ha anche fatto parte per un certo periodo dell'organico della band).

    Tre ragazzi immaginari:
    I Cure hanno sempre saputo destreggiarsi in bilico tra rock alternativo e pop da classifica. E sono riusciti a trasformare il dark da tendenza di culto a fenomeno mondiale e di massa, accumulando stuoli di fan dalla Russia all'Argentina, dal Brasile all'Australia, dalla Francia agli Stati Uniti. Non stupisce quindi che questi figli delle cantine punk inglesi abbiano sbancato le arene mondiali, né che Smith consideri il suo concerto preferito quello in Texas, nel tempio dei Dallas Cowboy.
    Curioso l'approccio iniziale con l'America: "Killing an Arab", il loro primo hit, fu bandito dalle radio Usa per i presunti contenuti anti-arabi. Il pezzo, in realtà, era ispirato allo "Straniero" di Camus. Ma i Cure furono costretti a dissipare ogni dubbio mettendo una targhetta esplicativa sul disco, e arrivarono a devolvere a un orfanotrofio palestinese in Libano gli incassi del loro primo concerto oltreoceano. "L'America è uno strano continente - racconta Smith - magari suoniamo davanti a un'arena piena di persone e ci considerano ancora un gruppo punk. La scena più allucinante è stata quella di Buenos Aires: c'erano almeno venti carri armati che stazionavano all'ingresso, una esperienza pazzesca, che non dimenticherò mai". Quel tour fu l'inizio del successo, consacrato poi dall'album Seventeen seconds, caleidoscopio di effetti tetri e allucinati, dalla trascinante "Play for today" all'ipnotica "A forest", fino agli intermezzi strumentali di "A reflection" e "Three".

    Un folletto sull'orlo di una crisi di nervi:
    Robert Smith, eternamente pallido, occhi cerchiati di nero e rossetto scarlatto, è un personaggio singolare. Ribattezzato "il guru della tristezza" o "il messia della malinconia", è filosofo nichilista e folletto infantile, poeta apocalittico e dandy romantico. Scava negli abissi della desolazione e si bamboleggia con canzoncine sinistre. Tortura le corde della sua chitarra e si strugge in cantilene ipnotiche. Tra grida angosciate e urletti bambineschi. Aveva garantito che si sarebbe ucciso prima di compiere 25 anni. Dopo il venticinquesimo compleanno ha corretto il tiro: "Ho capito che ero riuscito a concludere qualcosa in questa vita e questo mi ha dato nuova carica. Mi sento più allegro. La mia peggiore abitudine è di bere troppa birra".
    Le canzoni dei Cure hanno fatto a lungo da colonna sonora alla crisi esistenziale del loro leader. "Più le suoniamo, più ci deprimiamo. Molte volte mi capita di lasciare il palco in lacrime", dichiarava Smith dopo l'uscita del mesmerico "Faith" (1981), che culminava nella sinfonia lugubre di "The funeral party". Un anno dopo, Pornography, il loro capolavoro, metteva le cose in chiaro fin dal primo verso: "Non importa se moriamo tutti". Canzoni spettrali, angosciose e claustrofobiche trascinavano il calvario di Smith verso abissi di desolazione suicida: "La corda stretta intorno alla mia gola/ apro la bocca/ e la testa mi si squarcia/ un suono come una tigre che si dibatte nell'acqua/ ancora e ancora moriamo uno dopo l'altro..." ("One hundred years"). E un clima magico e angosciante, ai limiti del collasso psichico, pervadeva anche altri pezzi forti del disco come "A strange day", "Siamese twins" e "Cold".
    Ma oggi tutto è cambiato e c'è più luce anche tra le note dei Cure. Smith si è sposato con la ragazza con cui era fidanzato fin dai tempi della scuola, Mary Poole. E sembra aver allontanato i suoi spettri più cupi: "Ho una casa, non ho bisogno di essere famoso e mi diverto in molti modi: ho tantissimi nipoti e il mestiere di zio mi permette di avere a che fare con quei bambini che non ho mai avuto". Nessun figlio, però, all'orizzonte della famiglia Smith: "Abbiamo deciso di non averne. Preferisco restare solo zio. Non so se sarei un buon padre; non ho alcun senso della disciplina nella mia vita e non sono certo che riuscirei ad imporlo a un figlio". Eppure c'è una cosa che lo fa ancora intristire: l'abbandono di uno dei fondatori dei Cure, il batterista Lawrence "Lol" Tolhurst, degenerato in una controversia legale vinta da Smith: "Voleva usare il nome dei Cure per i suoi scopi, non potevo consentirglielo. Tutto il resto non contava niente".Ergo infine,ascoltare "Pornography" è essenziale,almeno per chi si interessa di questo filone.Se il disco vi garba allora potete passare anche a "Seventeeen Seconds" e "Faith",altri due grandi cd.Il resto personalmente non mi interessa molto,ivi ultimi due compresi(Bloodflowers e The Cure) che ho trovato sciatti e poco convincenti..ma a se voi piace la zuppa riscaldata(male)..prego..

    DISCOGRAFIA:

    Three Imaginary Boys (Fiction, 1979)


    Seventeeen Seconds (Elektra, 1980)


    Faith (Elektra, 1981)


    Pornography (Elektra, 1982)

    Japanese Whispers (Ep, Sire, 1983)

    Boys Don't Cry (Elektra, 1983)


    The Top (Sire, 1984)


    Concert - The Cure live (Fiction, 1984)


    The Head On The Door (Elektra, 1985)


    Standing On A Beach (anthology, Elektra, 1986)


    Kiss Me, Kiss Me, Kiss Me (Fiction, 1987)


    The Peel Sessions (Dutch East India, 1987)


    Disintegration (Elektra, 1989)


    Mixed-up (Elektra, 1990)


    Entreat (live, Fiction, 1991)


    Wish (Elektra, 1992)


    Show (live, Elektra, 1993)


    Sideshow (live, Elektra, 1993)


    Paris (live, Elektra, 1993)


    Wild Mood Swings (Elektra, 1996)

    Galore (anthology, Elektra, 1997)

    Bloodflowers (Fiction, 2000)


    The Cure (Geffen, 2004)
     
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  2. +downfall+
     
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    Il mio primo cd originale? Disintegration. L'ho ascoltato e riascoltato per anni e ne sono follemente innamorata. Adoro ogni singola canzone di questo cd. Un capolavoro.
     
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  3. ForgottenTear
     
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    Alcune cose le adoro, altre non le sopporto, gruppo con cui ho un rapporto ambivalente.
     
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  4. ligdjs
     
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    non mi piacciono
     
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  5. Deathlike Silence.
     
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    CITAZIONE (+downfall+ @ 28/6/2007, 22:55)
    Disintegration. L'ho ascoltato e riascoltato per anni e ne sono follemente innamorata. Adoro ogni singola canzone di questo cd. Un capolavoro.

    Stessa cosa dicasi per me.. E' fantastico.
     
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  6. LailaLovely
     
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    CITAZIONE (ForgottenTear @ 17/7/2007, 17:10)
    Alcune cose le adoro, altre non le sopporto, gruppo con cui ho un rapporto ambivalente.

    Idem. Più che altro vado a periodi ed è uno di quei gruppi che sono capace di non ascoltare nemmeno una volta per un anno intero senza sentirne la mancanza, ma nello stesso tempo non sono capace di parlarne male.
     
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  7. ale371
     
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    Ho Ascoltato per la prima volta un album intero, Disintegration, e devo dire che mentre una canzone sola non mi diceva nulla, nel complesso ascoltato un album non sono così malaccio
     
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6 replies since 27/6/2007, 14:28   121 views
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